LE POPPE: OLTRE AL LATTE C’È DI PIÙ .

Pace, relax, cibo e bevande all inclusive, pisolini, comfort, coccole, amore.
Maldive???
No, sono le poppe di mamma!
Non si tratta solo di latte. Capito questo concetto, credo si possa cominciare ad allattare serenamente.
Ma per comprenderlo davvero, bisogna fare un po’ di strada.
Sapete infatti cosa pensavo a riguardo prima di diventare mamma?

‘Lo devo partorire, cosa sarà mai allattarlo?’

Prendi il neonato, lo avvicini al seno e lui mangia, in un tempo più o meno stabilito, circa ogni tre ore. Tó, fatto. Il concetto delle Maldive, era per me più remoto della reale possibilità di visitare quel paradiso terrestre, magari proprio ora, ai tempi del Covid19. Sorrido se ci ripenso, quella donzella spensierata che ero, mi fa quasi tenerezza.

Poi è arrivata la gravidanza e con lei il tempo di prendermi cura del mio pancione e di informarmi seriamente su quello che sarebbe stato il mio nuovo mondo. È cominciato tutto con la scelta di partecipare ad un corso. ‘Mamma che latte!’ Mi piaceva molto il nome. Ammetto che non ero certa di volerlo fare all’inizio, la vedevo una cosa non del tutto essenziale. Servirà davvero un corso per allattare? Poi fortunatamente, tra i vari dubbi, ha vinto la curiosità, e mi sono iscritta. Ecco: ho scoperto un nuovo pianeta, dove c’è davvero una gran vita. Mille cose da sapere, con altrettanti miti da sfatare. Ho capito fin da subito che stavo studiando nella teoria un vero e proprio mestiere e stavo provando a porre le basi per affrontarlo al meglio. Sono entrata nell’ottica che il mio bambino all’inizio avrebbe cercato il seno per qualsiasi motivo, in modo forte e chiaro. E non avrei dovuto far altro che accogliere la sua richiesta. Il seno è il posto in cui un neonato inizialmente si sente sicuro e protetto. Cibo, calma, sicurezza, coccole, nanna, gioia, amore. Perché mai allontanarsi da un luogo così felice, per un mondo estraneo che ancora lo spaventa? Ci vogliono pazienza e calma. Inizialmente non c’è un orologio e non c’è tempo da seguire, c’è solo l’osservazione di ciò che accade. Ho appreso che esistono molte posizioni per allattare, le ho provate tutte con i peluche, di nascosto, come credo abbia fatto ogni mamma. Ho scoperto che con il seno si possono avere moltissimi problemi, ma che si possono risolvere. Che non saprai mai quanto il tuo bimbo abbia mangiato davvero, ma che potrai esser tranquilla osservando semplicemente quanti pannolini bagna in una giornata. Una cosa tra tante veniva ripetuta più e più volte: l’importanza di sostenere una mamma che allatta. Di darle forza, fiducia e coraggio, di incoraggiarla. Un modo ‘semplice’ di starle accanto, in un momento per lei delicato e pieno di dubbi ed incertezze, dove scoraggiarsi è facile. Questo aspetto per me è stato di vitale importanza, poi vi spiegherò bene il perché. Con queste, c’erano infinite altre importantissime nozioni, ma non sono qui per elencarvele tutte, per quello esistono delle vere e proprie professioniste, più preziose dell’oro, che su richiesta seguono le mamme prima, durante e dopo l’allattamento. Ostetriche e consulenti dell’allattamento preparate, figure a mio avviso essenziali, alle quali mi sono appoggiata in prima persona.
Il motivo per cui scrivo questo pezzo è semplicemente perché sento l’esigenza di parlarne, di dargli importanza. Si sentono pochissime cose in merito. Lo si dà forse per scontato. Si crede riguardi solo le mamme. Niente di più errato. È un argomento apparentemente molto specifico, ma che può toccare davvero tutti. Un uomo, che un giorno sarà papà e dovrà sostenere la sua donna. Una nonna, che deve provare ad abbandonare vecchie convinzioni per una nuova visione. Una sorella, che ti possa riempire sempre un bicchiere d’acqua e porgertelo, visto che allattare fa venire una gran sete. Un’amica, per farsi un’idea base di un concetto tanto difficile da comprendere ed essere in grado di starti accanto. Una suocera, per allungarti semplicemente una mano e sorriderti quando ce ne sarà bisogno. Un estraneo, che non si senta per forza in dovere di dire qualcosa e di esprimere giudizi. Un bambino per insegnargli quanto è potente la natura.

Dunque cosa fanno davvero queste donne, che se ne stanno con la poppa di fuori tutto il tempo? Parliamone, per chi vorrà, con semplicità.

Il mio bimbo ora ha sei mesi, se osservo come sono le nostre poppate ad oggi, mi rendo conto che siamo cresciuti insieme in un modo indescrivibile ma semplicemente naturale. Oggi sono sicura di quello che faccio: come lo metto, dove lo metto, so quando è pieno, quando avrà fame, quando deve fare il ruttino, quando vuole l’altro seno, insomma una mamma apparentemente navigata. E lui dal canto suo si attacca al seno con sicurezza e poppa alla grande, come un bimbo esperto.
Ma da dove siamo partiti? Quanta strada abbiamo fatto? Quando ci è sembrato di essere inciampati lungo la via?
La nostra storia è cominciata circa come tutte le altre: con il pelle a pelle, quel momento che avviene subito dopo la nascita, in cui il bimbo cerca il seno per la prima volta. L’inizio.
Beh avevo studiato tanto, ma lasciatemelo dire, in quel momento mi sono sentita una perfetta incapace. Come quando ai compiti in classe di matematica andavo nel pallone. Eppure avevo imparato tutte le formule a memoria. Ero lì con quella creaturina tra le braccia e provavo ad allattarla, con tanto istinto e poca logica. Ho capito da subito che la cosa non sarebbe stata facile. Poi per fortuna con l’arrivo di un’ostetrica e qualche prezioso consiglio, abbiamo aggiustato il tiro. Il mio bimbo ha cominciato a poppare per davvero. La sintonia più bella mai percepita. Ho cominciato fin da subito ad amare quel momento, lo vedevo stare così bene quando era vicino al seno, che tutto quadrava alla perfezione e mi rilassavo di conseguenza. In ospedale ci hanno dimessi con un allattamento ben avviato e a casa è continuata la nostra storia. Dopo il colostro è arrivato il latte, quello vero! Ricordo ancora la gioia di quando me ne sono resa conto. E da lì il piccolo Brando ha cominciato a stare attaccato per più di un’ora a poppata. Era incredibile, sembrava un’eternità, ma era il suo ritmo. Ed io stavo lì ad osservarlo. Una piccola formichina laboriosa che portava pian piano a casa le sue provviste. Mangiava, si rilassava e si addormentava, tutto grazie al seno.

Ricordo che all’inizio vederlo attaccato per così tanto tempo era strano. Parenti e amici, me lo facevano notare, ma ero preparata e rispondevo a tutti che andava bene così. Era il suo ritmo e non avevo fretta, né tanto meno altro da fare. Avevo scelto di seguire la strada dell’allattamento a richiesta e quello era dunque il giusto modo di affrontare il cammino. Daniele quando vedeva che cominciava la poppata, ormai sapeva che aveva un’ora libera e andava a fare tutte le sue cose, tanto quando tornava ci trovava ancora lì, persi e felici nel nostro mondo, fatto di latte e poppe. Per il primo periodo praticamente non si staccava mai, me ne rendo conto, anche perché tra una poppata e l’altra passavano sì e no una o due ore, e poi via ricominciavamo da capo. Avevo decisamente capito cosa voleva dire che allattare è un mestiere. Un full time con straordinari, giorno e notte, sette giorni su sette! Sono una persona molto dinamica e stare ‘ferma’ per tutte quelle ore non era sempre facile da accettare. Ho cercato così di rendere quel lavoro il più piacevole possibile. Mi mettevo rilassata sul divano, nella mia postazione fatta di tanti cuscini e cominciavo. Un po’ guardavo lui, un po’ film e serie TV, leggevo, scrivevo. Tante ore, ma vissute con amore. Ho avuto una gran fortuna perché non ho mai provato alcun dolore al seno, a parte all’inizio la normale irritazione del capezzolo, che si deve abituare alla sua nuova funzione, ma un po’ di pazienza, con qualche stretta di denti e via, ore ed ore così. Per sentirmi libera di uscire mi sono ritrovata ad allattare dappertutto: al parco, al bar, in auto, sulla panchina più vicina, ovunque davvero. Ma mi sono sempre sentita a mio agio, nonostante gli sguardi, più o meno inquisitori. Stavo facendo semplicemente la cosa più naturale del mondo. Ricordo ancora la prima cena fuori con Daniele, Brando anche al ristorante era rimasto tutto il tempo a poppare, e noi non abbiamo potuto far altro che mangiare con estrema calma. Tanto mi bastava una mano libera per arrivare al cibo e a dire il vero mi sono anche fatta imboccare per le pietanze più difficoltose. Alla faccia del romanticismo perduto di quando arriva un bimbo.
Mi confrontavo con altre mamme, c’era chi era nella mia stessa situazione e chi invece aveva il bimbo che in pochi minuti mangiava. Ognuno la sua storia, ognuno con i suoi tempi. Ogni bambino è a sé! Avevo consultato anche la mia ostetrica, più e più volte, per sapere se quel ritmo fosse normale, se sarebbe stato così ‘per sempre’. Lei mi aveva rassicurata:

‘Tranquilla è l’inizio, poi imparerà a poppare più velocemente e neanche te ne renderai conto.’


Mi sembrava impossibile e invece è successo. Da un’ora, sono diventati cinquanta minuti, poi quaranta, trenta, venti e ora in dieci minuti spazzola tutto. E volete sapere qual è la cosa assurda? A me già mancano quelle poppate infinite. Siamo mamme, siamo strane sì! Ora mi rendo proprio conto di cosa abbia significato e significhi tutt’ora per lui il seno, di quel concetto delle Maldive insomma. Lo cerca per calmarsi, per sentirsi al sicuro, per sentirmi vicina, ci dorme abbracciato praticamente. È la nostra simbiosi, e per ora va benissimo così.
Essendo ormai arrivati allo svezzamento, tra una pappa e l’altra, capita magari che non poppi per molte ore, e mi rendo conto che in quei frangenti un po’ mi manca. Una parte di me non vede l’ora di allattarlo. Anche solo per guardarlo dall’alto, da quella prospettiva da cui amo tanto osservare il suo visetto. Un’immagine di lui che porterò nel cuore per sempre.
All’inizio era un esserino quasi inerme, immobile vicino alla sua poppa, poi ha cominciato a cercarla anche con la mano, poi a cercare il mio viso, a guardarmi, a sorridere con la poppa in bocca, a distrarsi, a diventare sempre più grande dannazione.

Ora sembra un ometto, ma tutte le notti si trasforma nel mio cucciolo: ci accoccoliamo a letto e lui fa ‘l’ultima’ poppata. A dire il vero non credo mangi granché in questo momento, credo sia più una coccola della quale sente il bisogno per lasciarsi andare e chiudere gli occhietti per un po’.
Ho quasi finito di scrivere il pezzo e mi rendo conto di aver parlato solo di cose belle, ma ad onor del vero va detto che l’allattamento può presentare davvero molte difficoltà, non sarei obbiettiva altrimenti. È una prova sia per il corpo, che per la testa. Per me ad esempio il fattore psicologico è stato quello più provante. Brando inizialmente cresceva bene, poi c’è stato un piccolo rallentamento e da lì sono stata subito investita dal ‘panico di mamma’: quello di non avere latte sufficiente, di non fare abbastanza, di star sbagliando qualcosa. Un vero e proprio tunnel. E qui un ruolo centrale l’hanno avuto tre persone: il mio compagno, la mia super ostetrica e semplicemente Brando. Tutti e tre schierati, per farmi notare che il benessere del mio bambino non andava calcolato solo facendo una suddivisione matematica di valori medi di peso. Dovevo osservarlo.

‘Se vuoi puoi correre in farmacia e comprare tutto il latte artificiale che desideri, ma apri gli occhi: guardalo. È un bimbo sempre sereno e decisamente in salute. Non è un ciccione certo, ma sta benissimo così!’

Non è stato facile, né tantomeno scontato dar loro retta, ma sono tanto felice di averlo fatto. Erano decisamente più lucidi di me e mi hanno davvero fornito il giusto sostegno: professionale e affettivo. Periodicamente ricadevo nel loop e nella paura di non dare-fare abbastanza. Daniele ormai aveva capito come comportarsi e quando rientrava da lavoro e lo accoglievo, dicendogli che forse era meglio andare a comprare del latte, lui mi guardava e alzava gli occhi al cielo.

‘Oh madre santa. Ci risiamo. Hai il -non ho latte day.- Mi spieghi allora, perché mio figlio rutta soddisfatto e sorride dopo ogni poppata?’

Aveva trovato il modo di riderci su e di deviare quei pensieri che ogni tanto bussavano alla mia porta.

Così abbiamo continuato per la nostra strada e ad oggi sono immensamente fiera di ogni scelta presa. Rifarei tutto, anche i pianti, gli scleri e i giorni brutti.
Vorrei concludere provando a spiegare in due parole le emozioni che si provano allattando, ma trovo davvero impossibile racchiudere il concetto. È un po’ quando ti chiedono com’è stato il viaggio alle Maldive.
Cosa puoi dire? Come puoi riassumere un viaggio in paradiso? Come puoi rendere l’idea?
Meglio dire semplicemente:
‘È…bello.’
E lasciare che gli occhi, guardando dentro al cuore, raccontino il resto.

Ps Per quanto tempo allatterò ancora?
Fino a quando mio figlio ed io non saremo pronti a lasciare le Maldive ;-P

Pss Il pezzo scritto vuole solo essere una testimonianza positiva sull’allattamento naturale al seno e su tutto il suo mondo, ma non contiene nessuna forma di giudizio nei confronti delle mamme che seguono la strada del latte artificiale. Siamo tutte mamme e siamo di infiniti colori, ognuna con la propria storia.

Una Bionda e Una Penna, una mamma, come tante.

2 Replies to “LE POPPE: OLTRE AL LATTE C’È DI PIÙ .”

  1. Come sempre hai espresso cn bellissime parole le mie stesse sensazioni 😍
    Ho allattato entrambi i miei figli e lo ricordo cm uno dei periodi più faticoso ma allo stesso tempo meraviglioso della mia vita… Il segreto sta nel “dedicarsi” quei momenti… Ore, poi minuti, che resteranno x sempre nel cuore di una mamma! Un abbraccio a te e al piccolo Brando❤️

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