LE DONNE SANNO PARTORIRE. I BAMBINI SANNO NASCERE. ED IO PROVO A SCRIVERE, TRA EMOZIONI E CONTRAZIONI.

“Semplicemente il momento più bello della mia vita.”

Data presunta del parto: 2 Settembre 2020.
2 settembre
3 settembre
4 settembre
5 settembre
6 settembre
7…8…9…10…11…12…
Eeeeeem…dannazione sono ancora incinta, molto incinta!
Tanto è stata piacevole e serena la mia gravidanza, tanto sono stati emotivamente difficili quei giorni ‘in più’. Quando la data si avvicina, ti senti come il più spericolato dei paracadutisti, pronto a saltare nel vuoto. Per nove mesi ti sei preparata mentalmente e fisicamente, hai dovuto fare i conti con la paura, ma ora sei così pronta che salteresti giù dall’aeroplano, scordandoti quasi di mettere il paracadute. Non vedi l’ora accada. Giù all’arrivo hai molte persone che attendono il tuo salto. Se non ti vedranno arrivare, nei tempi stabiliti, cominceranno inevitabilmente a fare domande, a scriverti, a chiamare, a preoccuparsi per te. Dovrai gestire tutto, fare i conti con le emozioni altalenanti e mantenere anche la calma.

Ma quel salto nel vuoto non dovevo farlo da sola. Dovevo aspettare che anche qualcun altro fosse pronto: il mio bambino. Quel piccolo fagiolino che tanto stava bene nella sua dimensione intrauterina, di saltare proprio non ne voleva sapere. Ho cercato di convincerlo in svariati modi: facendo su e giù per le famose scalette di Monte Berico a non finire, tisane magiche, notti appassionate, camminate infinite, esercizi, saltelli etc. Niente, lui stava ancora bene lì.

Le scalette di Monte Berico con la mia dolce Misty

È cominciato così l’iter dei tracciati in ospedale, per assicurarci che stesse sempre bene. Ogni volta la risposta era la stessa:

‘Il bambino sta benissimo. Se vuole però possiamo provare ad invitarlo ad uscire. Visto che sarebbe ora.’

La mia testa a quel punto recepiva sempre e solo la prima parte della frase. -Il bimbo sta benissimo. – E me ne tornavo a casa ‘tranquilla’, con il mio stagionato pancione.

Potevamo saltar giù da quell’aeroplano da soli, ne ero certa. Non volevo che nessuno ci spingesse. Alle nostre spalle, a supportare professionalmente ogni decisione, avevamo un importantissimo sostegno, sempre presente: quello della nostra ostetrica Alessia. Durante la gravidanza, Daniele ed io, avevamo maturato la scelta di voler affrontare il travaglio a casa, facendoci seguire in toto da lei. L’obbiettivo era quello di godere il più possibile dell’intimità e della quiete di casa, affiancati da una professionista con la quale eravamo in perfetta sintonia, senza altre interferenze. E di avviarci verso l’ospedale solo per la parte conclusiva del parto. L’apoteosi sarebbe stata avere Alessia con noi anche in sala parto, ma purtroppo causa Covid19, questo non era possibile. L’avremmo dovuta salutare alle porte dell’ospedale.

Siamo arrivati così alla mattina del 12 Settembre. LAST CALL, ultima chance, dopodiché per il protocollo ospedaliero, sarei diventata un caso da ‘induzione di parto’. Immaginate il mio stato d’animo quella mattina nell’andare a fare il controllo. Lo ricordo alla perfezione. Il mio ragazzo guidava ed io al suo fianco piangevo, i nervi erano ormai giunti al massimo punto di tensione. Troppe date, troppi numeri, troppe ‘regole’, troppe aspettative. Quando in realtà, in cuor mio, sapevo che sarebbe bastato solo attendere che la natura facesse il suo corso.

Ad un certo punto ho estratto da una borsetta un krapfen alla crema.  

Lui perplesso: ‘Scusa perché ora piangi, mangiando un krapfen?’ 
Io tra le lacrime: ‘Perché se assumo degli zuccheri, Brando si muoverà di più durante il tracciato e vedranno che sta bene. Così ce ne torniamo subito a casa.’

A quel punto temevo molto la proposta di un ricovero, per un qualsivoglia motivo. Non ha osato commentare quella machiavellica e ponderata follia. Conosceva fin troppo bene il mio stato d’animo e tutti i miei pensieri. Ha fatto l’unica cosa giusta: mi ha chiesto semplicemente se avevo portato un krapfen anche per lui. Ovviamente c’era. Abbiamo condiviso così quella strana, dolce ed emotiva colazione on the road. 
Durante il tracciato il mio bimbo, come al solito aveva dimostrato di star bene. Sfido chiunque a star male dopo una bomba alla crema. Mi è stato proposto di fare lo scollamento delle membrane, una manovra naturale, che può aiutare l’avvio del parto. Ho accettato. La paura di dover ricorrere all’induzione, con il controllo seguente, era diventata troppa. A quel punto mi sembrava un giusto compromesso tra natura e scelte mediche.

TAC. Fatto.

Siamo risaliti in auto. Ancora una volta stavo tornando a casa con il mio pancione.

La mattina del 12 Settembre

Il pensar comune ora ci avrebbe voluti a casa tranquilli, ad attendere il fatidico possibile avvio del parto.

 E invece no. Non saremmo stati NOI.

Abbiamo ben pensato di… fare l’amore, su consiglio medico. Ero in dubbio se raccontarvi anche questo particolare, ma sincerità per sincerità, è andata così. L’ostetrica che aveva eseguito lo scollamento, aveva infatti suggerito, in termine tecnico, di ‘avere un rapporto sessuale’, per dare il colpo di grazia all’eventuale avvio del parto. Ogni tanto i consigli vanno seguiti. 😛

Non contenti, di nostro, abbiamo anche deciso di… partecipare ad un matrimonio.
Ammetto che non ero dell’umore adatto, ma il mio compagno, in accordo con la nostra ostetrica, con la quale ci sentivamo di continuo, mi ha praticamente obbligata.

‘Ora ti vesti e andiamo. Ci tenevi tanto a questa data. Non staremo qui tutto il giorno ad attendere. E poi… ho fame, quella fame da matrimonio!’ 

Ci siamo così precipitati in chiesa, con un po’ di ritardo, ma ormai il tempo era diventato un concetto molto relativo. Il caso ha voluto che entrassimo nel preciso istante del discorso degli sposi. Che è stata una botta emotiva enorme. Ho incrociato i loro sguardi all’altare e ho colto la loro gioia e sorpresa nel vederci lì, nonostante tutto. Sapevano benissimo cosa stavamo vivendo. La sposa tra l’altro portava come me, una bella bimba in grembo. Con le loro parole, che coronavano il concetto d’amore e famiglia, sono ricaduta in lacrime. Ma non ero la sola, anche il mio grande orso stava vacillando. Allora ho capito che non si trattava solo di ormoni. Eravamo cotti a puntino entrambi, da un mix letale di emozioni. Un momento indelebile. 

È cominciata poi la festa. Lì ho cercato di lasciarmi andare, di far scorrere tutto e di avere fiducia nel mio corpo. Qualcosa stava accadendo. Lo sentivo. Per gli inviati ero ‘quella che poteva partorire da un momento all’altro’ e ormai ci ridevo su con tutti. Ho ricevuto davvero tanto calore e affetto. Credo proprio che tutto ciò sia arrivato anche al mio bimbo. Durante il pranzo cominciavo a sentire delle piccole contrazioni, ma era tutto molto gestibile. I cosiddetti prodromi. Ero in contatto telefonico diretto, via WhatsApp, con l’ostetrica e le descrivevo ogni sensazione. Lei continuava a dirmi che erano tutti bei segnali e di stare tranquilla, aggiornandola sempre. Per fortuna la nostra tavolata si trovava vicino alla toilette. Avevo l’esigenza di andarci spesso, per fare i miei ‘controllini’. Il mio ragazzo ormai, ogni volta che mi alzavo, se la rideva. Ad un certo punto mi ha proposto anche un bicchiere di vino, nella follia del tutto, era forse la cosa più normale. La festa è continuata e tra tante emozioni, siamo arrivati fino alla torta nuziale. Le mie sensazioni si facevano sempre più concrete. 

‘Daniele forse ora è meglio che andiamo a casa.’

Abbiamo salutato e abbracciato forte gli sposi, me lo ricordo ancora, facendo il pieno di quella magica energia che li avvolgeva. 

Un momento del matrimonio

Appena siamo saliti in auto, non ero già più in grado di stare seduta. Le danze erano iniziate. Quel tanto anelato segnale era arrivato. Il mio bambino era finalmente pronto. 

Arrivati a casa, mi sono messa comoda. Le contrazioni si erano fatte sempre più chiare. Avevano un ritmo. Dovevo cominciare a cavalcarlo. Daniele ha infilato una sedia nella doccia e mi ci ha fatta entrare, come suggerito da Alessia, che stava arrivando. Ero seduta a cavalcioni con l’acqua bollente che scendeva sulla schiena. Mi dava un gran sollievo. 

Lui: ‘Amore l’acqua mi sembra un po’ troppo calda.’
Io: ‘ Non ti azzardare ad abbassarla. Sto bene così. ‘

Cominciavo a trasformarmi nella classica donna partoriente, che non devi contraddire per nessun motivo. Ricordo ad un certo punto l’arrivo dell’ostetrica, che con la sua calma e il suo sorriso, mi ha rivolto la domanda più semplice del mondo:

‘Come stai?’
‘Bene, ora siamo pronti.’ 

Il team, che avevo scelto, era finalmente al completo: il mio uomo in prima linea, la mia ostetrica del cuore e i miei due pelosi, che senza spiegar loro niente, avevano già capito tutto. Mi sentivo dannatamente bene, nella quiete di casa. Una lampada di sale ad illuminare la stanza da letto, dove abbiamo accolto tantissime contrazioni. Erano sempre più forti, fino a farci ‘cantare’ tutti insieme. Mi sentivo davvero sostenuta. Le pause tra una contrazione e l’altra mi permettevano di riprendere fiato, erano il più ghiotto dei ristori. Alessia controllava che il battito del bambino fosse sempre regolare, e ci rassicurava. Ricordo in uno di quei momenti, il rumore del suo cuoricino, pulsare fortissimo.

Alessia: ‘Sentite qui che forza, ditemelo voi come sta il vostro bambino.’ 

La carica. Benzina su un fuoco che già voleva esplodere.

La forza che riuscivo a trovare, in mezzo a quel dolore, era sempre più inspiegabile. Mi sentivo nel bel mezzo di una strana magia. In dei frangenti mi catapultavo in bagno e volevo essere lasciata sola. Non ho mai sopportato di stare alla toilette con altre persone, neanche da adolescente, quando ci si infila in bagno con le amiche. Ma ad un certo punto chiedevo aiuto anche da lì. Il mio posto di casa intimo e calmo, era ora improvvisamente affollato. Io, lui, lei e ogni tanto compariva anche un cane. Surreale

Ricordo anche una gran sete. Chiedevo in continuazione acqua. Ho addirittura mandato Daniele a fare una tisana, pregandolo di tornare però ad ogni contrazione. A ripensarci bene, con le mie richieste, gli ho fatto fare un grande avanti e indietro, tra camera-cucina, cucina-bagno, bagno-camera. Ma quella notte, mi era concesso tutto. Per fortuna ai corsi pre-parto, questo concetto viene spiegato e chiarito bene a tutti gli uomini: DOVETE ASSECONDARLE. Il bisogno di aggrapparmi a lui e di sentirlo vicino era a dir poco essenziale. Alessia cercava di aiutarmi, massaggiandomi con forza la schiena, dove il dolore trovava la sua massima espressione. Ad ogni mio gemito perfino i cani sembravano voler dare il loro aiuto.

La foto più rappresentativa di quella magica notte

Ho fatto innumerevoli docce, fino a quella decisiva. Lui mi stava accarezzando la schiena e ad un certo punto abbiamo sentito come un enorme gavettone infrangersi sul pavimento. Avevo rotto le acque. Abbiamo chiamato subito l’ostetrica per controllare che fosse tutto ok.

La danza e i canti sono continuati fino a quando Alessia, dopo aver controllato la dilatazione, ci ha detto che era arrivato il momento di andare verso l’ospedale. Era cambiato anche il modo in cui gestivo il dolore, segno che non mancava più molto all’incontro più importante della nostra vita. Mi hanno aiutata a salire in auto e mi sono messa a carponi sui sedili posteriori, dove Daniele aveva preparato tanti cuscini per farmi stare il più comoda possibile. Ho atteso, stringendo i denti, che chiudessero casa e che caricassero tutte le valige. Daniele a posteriori mi ha anche confessato che in quel frangente, nel trambusto generale, i cani sono scappati fuori dal cancello. Penso che se me ne fossi accorta, avrei abbreviato ulteriormente i tempi del parto. Fortunatamente li ha ribeccati al volo, senza lasciar trasparire nulla e siamo partiti.

Il viaggio in auto verso l’ospedale di Santorso lo conservo nei ricordi associandolo a quei filmati effetto timelapse, che ritraggono le luci nella notte. Quando avevo la forza di alzare la testa e di guardare fuori dal finestrino, vedevo come dei flash di luci confuse. Stavamo sfrecciando.

Le contrazioni erano sempre presenti. Vocalizzavo ad ogni onda di dolore e Daniele lo faceva con me, incitandomi a tenere duro e allungando la mano, quando gli era possibile. Passato il dolore mi lasciavo andare stremata sopra quei morbidi cuscini, quasi mi pareva di cadere in tranche, ma la contrazione successiva subito mi riportava sulla terra.

‘Brava amore, forza, siamo arrivati. Siamo in ospedale.’

Durante il viaggio in auto Alessia si era già messa in comunicazione con il pronto soccorso ostetrico, spiegando bene la mia situazione e lo stato del parto. Sono stata portata subito in reparto, dove mi ha accolto la nuova ostetrica. Era il momento di lasciare Alessia. Ricordo alla perfezione l’ultima contrazione affrontata insieme. Stavamo per aprire la grande porta del reparto, quando l’onda è arrivata. Mi sono aggrappata a lei e ci siamo accasciate a terra insieme. Era il giusto e degno saluto dopo quelle ore pazzesche vissute insieme. Era il saluto del piccolo Brando. Avrei voluto davvero che potesse concludere con noi quella magia e veder nascere il nostro bambino. In cuor mio è come se fosse accaduto.

La nuova ostetrica mi ha subito attaccata al tracciato, per sentire come stava il bimbo. Mi ha poi visitata per controllare la dilatazione. Non riuscivo a stare ferma.

‘Woooow sei davvero a buon punto, ora capisco perché ti muovi così. Andiamo subito in sala parto, che facciamo entrare anche il tuo compagno.’

Erano esattamente le parole che volevo sentire. Era arrivata la conferma che a casa avevamo fatto uno splendido lavoro. Ho goduto di quella piccola gioia, ma sapevo bene che non era finita. Nel frattempo mi ha raggiunta anche Daniele. Ora eravamo davvero consapevoli che mancava pochissimo, stavamo per conoscere il nostro piccolo amore. L’ostetrica dopo avermi fatto il tampone per il Covid19 e infilato l’ago cannula, per eventuali necessità, ci ha lasciati soli.

‘Ragazzi ora dobbiamo arrivare a 10cm, per poter spingere. Vi lascio il vostro spazio, se avete bisogno di me chiamate.’

Abbiamo vissuto così un’altra ora davvero intensa di contrazioni, che mi hanno portato via molte forze. Cominciavo a vacillare. Quando l’ostetrica è tornata per vistarmi e ci ha detto che non c’eravamo ancora, ammetto di esser stata presa da un po’ di sconforto. D’un tratto avevo paura di non riuscire ad avere abbastanza energie per arrivare alla fine. Altre contrazioni. Ad un certo punto mi sono aggrappata a Dani e gli ho detto che volevo essere visitata di nuovo, se non fossi stata a 10 cm, volevo un aiuto. A quel punto mi ha presa e guardata dritta negli occhi. Lui che scherza sempre, ora era davvero serio.

‘Ale ripigliati! Niente aiuti. Ormai ci siamo, tieni duro, è assurdo mollare ora. Mi hai sempre detto di voler vivere questo momento con le sole tue forze e di ricordartelo se te lo fossi dimenticata in caso di panico. Ecco questo è il momento.’

Aveva ragione e con quel tono forte, è arrivato dritto a quella parte del cervello che mi dato l’impulso per reagire. Abbiamo trascorso qualche altro istante tra panico, grinta ed incertezze, fino a quando ho sentito le parole magiche dell’ostetrica:

‘Ci siamo. Ora puoi cominciare a spingere.’

Ho raccolto tutte le ultime forze.

Un’altra ora tostissima. Fatta di tanta energia e svariati cambi di posizione, per capire in che modo mi sentissi più forte. Respiri e spinte, spinte e respiri. Fino a quando:

‘Si vedono i capelli! È un bel moretto. Forza, ci siamo!’

L’ostetrica ha cominciato a cambiarsi, a preparare dei teli e a mettersi dei grandi guanti. L’ho vista andare verso la porta e gridare.

‘Nella stanza 11 ci siamo. Sta nascendo. Fate arrivare il dottore.’

In un batter d’occhio davanti a me si erano materializzate più persone. Il dottore e altre due infermiere.

Dott: ‘Dai che con la prossima spinta nasce. Quando arriva la contrazione mettici tutta la tua forza.’

Contrazione. Spinta fortissima.

Niente. Ero sfinita.

Dott: ‘Alessia con la prossima spinta deve uscire per forza. Altrimenti il tuo bimbo comincia a soffrire.’

Quelle parole sono state l’input decisivo.

Contrazione. Spinta.

E ho sentito all’improvviso la sensazione più bella del mondo.

Il mio bimbo, si era fatto spazio ed era finalmente venuto al mondo.

La vita. La felicità, quella vera.

Alle 6.03 del 13 Settembre 2020 è nato il piccolo Brando.

Ricordo il suo corpicino caldo, il profumo, quel viso che avevamo tanto atteso.

Gli ho stampato subito il nostro primo bacio e ci siamo sciolti insieme nel magico ‘skin to skin’.

Era uno di quei momenti che avevo immaginato molte volte, che avevo sentito raccontare da tante amiche. Mi ero sempre chiesta quale sarebbe stata la mia versione. Avrei pianto? Avrei riso? Sarei andata in tilt?

Ed eccomi lì, non smettevo più di sorridere e di dire a Daniele quanto fosse bello il nostro bambino, e quanto mi sentissi improvvisamente straordinariamente bene.

Ce l’avevamo fatta.

Noi

In un battibaleno la stanza si è svuotata. L’ostetrica, il dottore e le infermiere si sono congedati e siamo stati lasciati nella nostra intimità.

Ero con la mia famiglia.

Era nato Brando.

 Semplicemente il momento più bello della mia vita.

Una Bionda e Una Penna

A mio figlio.

Con un articolo così i ringraziamenti vengono spontanei.

Ringrazio in primis ovviamente il mio grande uomo e fatico davvero a racchiudere il perché in delle parole, forse per il semplice motivo che quello per lui è un grazie sconfinato. Alessia che ci ha capiti, rispettati e supportati lungo tutto il percorso. L’Ospedale di Santorso, dove ho trovato un team professionale e appassionato. La mia mamma che mi ha sempre insegnato ad avere fiducia nella natura, rispettandone i tempi. Tutte le persone che chiedendomi: ‘Sei ancora incinta?’ mi hanno fatto sentire comunque la loro vicinanza. E in fine me stessa, per aver ospitato e generato una nuova vita.

7 Replies to “LE DONNE SANNO PARTORIRE. I BAMBINI SANNO NASCERE. ED IO PROVO A SCRIVERE, TRA EMOZIONI E CONTRAZIONI.”

  1. Hai fatto benissimo a fissare e condividere come solo tu sai fare questi momenti unici e grandi… la vita ci ha fatto uno dei più grandi regali una vita nuova… Grazie Brando per averci scelti come la tua famiglia!!! ❤️

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  2. La pelle d’oca…hai fatto riaffiorare tante emozioni che conservo gelosamente dentro di me… Ho rivissuto ogni attimo di quel momento magico…grazie❤️

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