È soltanto una telefonata…

Mi faceva pensare a un amore esagerato. Uno di quelli che quando ti guarda, lo fa così intensamente, che gli escono fuori gli occhi. Occhi che come due biglie ti entrano nel cervello e lo usano per farci le montagne russe. Sì, perché, se ci pensi bene, il cervello ce l’ha un po’ la forma delle montagne russe.
Eppure non ci eravamo mai guardati negli occhi. Era cominciato tutto con uno scambio di e-mail. Gli avevo scritto perché un’amica mi aveva passato il contatto.
«È uno che ne capisce di sceneggiature. Senti un po’ se il suo punto di vista ti può essere utile.»
Era il terzo beta reader a cui sottoponevo la mia sceneggiatura, un beta reader che non mi ero scelta, mi era capitato. E quando qualcosa ti capita devi starci attento, perché non è lì per caso, ce l’ha proprio con te. Che poi beta reader è una parola così fredda che mai mi sarei aspettata potesse emanare tanto calore.
Prima di quella assurda telefonata, trovavo periodicamente i suoi commenti nella casella di posta. Commentava scena per scena il canovaccio della mia fantomatica serie TV e il più delle volte mi ritrovavo a sorridere fissando lo schermo. Era tutto strano il suo modo di vedere e di dire le cose, ma mi piaceva. Mi pareva quasi di udirla la sua voce. Così un giorno l’ho chiamato, volevo sentirla per davvero. Aveva un golosissimo accento toscano.
La conversazione è cominciata in modo tradizionale, qualche squillo e un «Pronto», «Piacere», «Piacere mio!». Poche battute dopo, la sintonia è arrivata come uno schiaffo, o meglio, un pugno alla Mike Tyson. Siamo rimasti con l’orecchio sul telefono per un’ora e mezza. Abbiamo parlato della sceneggiatura sì, ma l’impressione era che ci stessimo urlando qualcosa di noi. Urlando sì, perché il nostro parlare era simile a una necessità, e l’urlo non è altro che una fottuta necessità.

Fino all’attimo prima non ci conoscevamo, ma ora tutto faceva pensare che avessimo un reciproco bisogno di restare aggrappati a quel telefono. Nel mese successivo ho urlato buona parte della mia vita e molte delle mie insicurezze a quello sconosciuto. Lui all’inizio ascoltava in silenzio, meditava e solo poi mi diceva la sua. Un po’ come faceva con la sceneggiatura, ma ora la storia era la mia, e mi veniva meno da ridere. A volte i suoi commenti mi infastidivano, sfioravano la verità senza tanti giri di parole. Era diretto.


Poi ha preso coraggio e anche lui ha cominciato a sbottonarsi l’anima. Era bello nudo, anche se si vergognava un sacco. Avevo bisogno dei suoi messaggi e lui delle mie chiamate. Abbiamo perso il controllo, abbiamo detto forse più parole di quelle che eravamo in grado di reggere, ma è stato bello. Bello però mi pare una parola banale, è stato curativo, bello e curativo. Mi ci sono curata con i nostri discorsi. In qualche momento ho creduto di aver bisogno di lui per sempre, ho creduto volesse spararmi nel cervello le sue biglie, e lasciarcele dentro in un moto perpetuo.
Ci siamo consigliati libri, letti poesie e suggeriti ricette. Ora mi capita di pensare a lui quando faccio la carbonara. Quella ricetta me l’ha urlata così bene che in qualche modo è diventata nostra, anche se non mangeremo mai allo stesso tavolo. Io gli ho suggerito di farsi i bastoncini di pesce con le patate lessate e i fiocchi di latte, non sono una ragazza gourmet. E un po’ me lo immagino al supermercato mentre riempie il carrello con quella robaccia e sorride pensando a me. L’ho spinto a leggere un romanzo rosa, “È solo una storia d’amore” della Premoli, era la prima volta per lui, ma aveva voglia di provare qualcosa di diverso e si è buttato. È partito scettico, come la maggior parte dei novelli che tiene tra le mani un tomo di quel colore, ma poi si è mangiato il libro, la carbonara e alcuni pezzi di me. Lui mi ha fatto leggere dei classici. Mi sono chiesta perché non fossi arrivata prima su certe pagine, roba di cent’anni fa che parla di ciò che sta succedendo oggi, fuori e dentro le nostre case: incredibile. Ma ormai l’ho capito che un libro ti arriva tra le mani quando è il momento giusto. Non è una visione romantica, è la verità del lettore. I libri scavavano nei nostri varchi, e lo fanno quando siamo pronti a starcene per un attimo fermi e in silenzio, senza sforzarci di colmarli in altri modi. Leggere libri può essere pericoloso.

Era incalzante il nostro parlare, sembrava non avere fine, nessuno di noi voleva trovare l’ultima parola.
L’apice l’abbiamo raggiunto una notte in cui mi ha detto: «Non so spiegarti bene come, ma oggi mi sei mancata». Come può mancarti una persona che non hai mai visto, mai sfiorato, di cui non conosci l’odore? Ci siamo persi per qualche istante: eravamo dentro lo stesso labirinto, li sentivo bene i suoi passi, sempre più vicini. Era a pochi metri, centimetri, millimetri.

Un mattino mio figlio ha trovato i nostri messaggi.
«Chi è questo signore con cui ti scambi tutti questi messaggi, mamma?»

Mi è esplosa una bomba nel cuore. Ho rivisto la scena della me bambina, ma io al tempo non ero stata coraggiosa come mio figlio, avevo fatto finta di niente e mi ero tenuta tutto dentro. La sera stessa ho parlato a mio marito. Abbiamo affrontato una pesante lite, ma nel parlargli mi sentivo pervasa da una sorprendente lucidità, è strano essere lucidi e incazzati allo stesso tempo. Mi sentivo un chirurgo, ero fredda, pronta a operare su quella ferita, a guardare dentro i tagli dei nostri silenzi, ne avvertivo tutta la necessità. Ho cercato di spiegargli che una parte di me si era addormentata sul letto che avevamo comprato per fare l’amore. Lui all’inizio diceva di non capire, ma io lo vedevo dai suoi occhi che capiva benissimo. Ci siamo detti buona parte del taciuto e siamo rimasti in silenzio uno davanti all’altro, per poi ritrovarci in un faticoso e profondo abbraccio.
La mia vita aveva un disperato bisogno di quell’operazione a cuore aperto. Così come, in quel frangente, ho avuto bisogno di quella voce al di là della cornetta.

Una Bionda e Una Penna.

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2 Replies to “È soltanto una telefonata…”

  1. Hai uno stile narrativo particolare ma efficace, riesci a catturare l’attenzione di chi legge e allo stesso tempo riesci ad esprimere bene concetti non sempre semplici. Non è da tutti, complimenti.
    Un saluto

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